Medici, cambio orario e direttive(non nuove) dell’UE

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Dal 25 novembre dovranno cambiare gli orari dei medici negli ospedali. Le ore massime di lavoro settimanale saranno 48, i turni più lunghi di 13 ore al massimo e 11 le ore di riposo minime garantite. La notizia è buona per i singoli malati, che avranno a disposizione medici meno stressati e quindi più lucidi. Meno buona per molti ospedali, che si troveranno a far fronte a un’improvvisa carenza di personale. Infatti molti nosocomi “vanno avanti” grazie a dottori che si sottopongono a turni massacranti per rimediare alle sofferenze di organico imposte dal blocco del turn-over nelle assunzioni. La situazione potrebbe essere particolarmente drammatica per le Regioni che devono far fronte a piani di rientro finanziario , come per esempio, Lazio, Campania, Molise, Calabria. Per rimediare è stato calcolato che sarebbero necessarie dalle 4 alle 5 mila nuove assunzioni di medici in Italia.
In realtà queste regole non sono nuove in senso stretto, perché sono previste da una direttiva europea che risale a più di 12 anni fa, ma il nostro Paese se l’era sempre “cavata” inquadrando i medici come dirigenti, quindi senza obbligo di “timbrare il cartellino” e senza, di fatto, stringenti vincoli d’orario. L’Europa ha però notificato al nostro Paese una procedura d’infrazione su questa interpretazione e il 25 novembre dovrebbe entrare in vigore una legge nazionale dell’anno scorso, di fatto, adegua il nostro Paese al resto della Ue sul tema in questione. La legge, fra l’altro, prevede sanzioni per le ASL che non rispetteranno i nuovi orari di lavoro dei camici bianchi.
Oltre al problema della copertura dei turni, fra l’altro, si pare quello , per i medici, della copertura assicurativa, che potrebbe essere negata in caso di errore compiuto fuori dagli orari canonici.
Inoltre si apre un altro capitolo. Sarebbero infatti già diverse migliaia i medici pronti a fare ricorso verso lo Stato per il mancato rispetto della direttiva europea del 2003 sugli orari di lavoro. Non a caso il tema è stato affrontato nel corso degli ultimi Stati Generali della Sanità convocati dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo). In altre parole potrebbe aprirsi un altro fronte economico per lo Stato dopo il contenzioso relativo alle mancate retribuzioni agli ex- specializzandi che ha sta vedendo i medici sempre più spesso vincitori nella cause di risarcimento nei confronti dello Stato. In questo caso i medici potrebbero chiedere un risarcimento per le ore lavorate e non pagate dal 2003 a oggi. Secondo alcune time, se la metà dei medici facesse ricorso, per le casse pubbliche il rischio sarebbe di un esborso di oltre 3 miliardi.

fonte corriere.it

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