Congresso Territoriale della Cisl FP: Pietro Antonacchio riconfermato segretario generale

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Al Centro Sociale di Salerno, al termine dei lavori del V° Congresso Territoriale della CISL Funzione Pubblica di Salerno, Pietro Antonacchio viene riconfermato come Segretario Generale. La Nuova segreteria è composta dal anche lui riconfermato Vincenzo della Rocca e da Mari Regina che in uno alla neo designata coordinatrice femminile, Genoino Teresa, va a comporre il nuovo assetto della organizzazione sindacale salernitana. Il nuovo Consiglio Generale sarà composto dai 34 delegati eletti che sono: Antonacchio Pietro, Amatruda Miro, Bartiromo Gioacchino, Biondino Gaetano, Cicalese Giuseppe, D’Adamo Paola, D’Ambrosio Giordano Maria,. D’Amore Maria Grazia, De Sio Antonio, Della Porta Alfonso, Della Rocca Vincenzo, Di Zuzio Iolanda, Draganova Maroussia, Faiella Michele, Gaeta Raffaele, Galatro Antonio, Giordano Giovanna, La Rocca Maurizio, Mari Regina, Mendola Giovanni, Pannucci Cesare, Peluso Giuseppa, Pergamo Luigi, Pumpo Vito, Ristallo Antonio, Russo Liliana, Salvati Cosimo, Santonicola Giovanni, Savastano Annarita, Sessa Nicola, Vaiano Salvatore, Viciconte Michele, Vitale Raffaele e Viviani Michele. Al congresso sono intervenuti anche i segretari generale della CGIL FP e UIL FPL di Salerno: Angelo De Angelis e Donato Salvati.

I lavori sono stati presieduti dalla Segretaria Generale della CISL FP della Campania, Doriana Buonavita e dal Segretario Generale della UST di Salerno, Matteo Buono e che ha visto la partecipazione dei segretari di categoria della Università, Pasquale Passamano, Felsa Cisl Giusy Petitti, Cisl Medici dr. Francesco Marino, FIM Vincenzo Ferrare, Pensionati Dell’Isola Giovanni, Inas Cisl Antonio Chillemi e i segretari generali delle province di Caserta e Irpinia-Sannio, rispettivamente Nicola Cristiani e Antonio Santacroce. Il tema del congresso incentrato sulla capacità di un sindacato di riuscire a declinare i bisogni dei giovani e delle comunità di riferimento in strategie finalizzate a garantire nuova occupazione e esigibilità dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra carta costituzionale: giustizia, sanità e salute, istruzione e sicurezza ma soprattutto “libertà alla ricerca della massima felicità possibile, aspetto che benché non sancito dalla nostra costituzione, oggi più che mai sta diventando un elemento unico ed essenziale della nostra vita che contiene tutti gli altri.”

Molto importanti i richiami all’unità, condivisi con i segretari generali della CGIL FP e della UIL FPL, quale obbligo da perseguire nella nostra azione quotidiana, le cui “difficoltà sono acuite dalle barriere della nostra mente e che qualora non apriamo gli occhi al futuro e lo decliniamo con una nuova visione prospettica potrebbero essere insuperabili. Per questo bisogna radicare nelle nostre coscienze quale un principio imprescindibile della nostra azione la ricerca dell’unitarietà di intenti anche se può sembrare impossibile”.

“E’ stato un vero congresso – afferma Pietro Antonacchio – e di questo sono grato a tutti i delegati. Non è stata una liturgia alla ricerca di un unanimismo che confligge inevitabilmente con la dialettica interna, prerogativa essenziale di ogni organizzazione. Il momento generale è complesso e difficile. Cercheremo di trovare strategie vincenti per evitare ulteriori peggioramenti e avviare percorsi di ripresa a garanzia e difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori e di tutte le loro famiglie.”

Quinto CONGRESSO PROVINCIALE
RUOLO E PROSPETTIVE DEL SINDACATO ALL’INIZIO DEL TERZO MILLENNIO
Relazione della Segreteria Territoriale
a cura del Segretario Generale pietro antonacchio
23 FEBBRAIO 2017
CENTRO SOCIALE SALERNO

I giovani.
Il presente nel loro immaginario collettivo rappresenta il nulla.
Ricordo da giovane quando si parlava dell’ipotesi della fantasia al potere quale possibilità praticabile per modificare una realtà che lasciava intraprendere, già allora, poco spazio alla gioventù.
Si trattava di oltre quaranta anni fa.
E sempre oltre quaranta anni fa ricordo lo slogan “lavorare meno lavorare tutti” che si gridava in tutte le piazze e in tutte le occasioni, quale ipotesi perseguibile per allargare la platea dell’occupazione e rendere, verosimilmente, possibile l’avvio al lavoro dei giovani.
Oggi i nostri figli parlano del nulla che li circonda, chiusi nel loro carcere immaginario che, proprio perché non ha muri delimitanti, se non quelli della propria coscienza, è ancora più opprimente e pericoloso.
Dei giovani si parla molto, in tutte le occasioni.
Tutti ne parlano, parafrasando in ogni luogo e in ogni come, la necessità e la opportunità di scommettere per un futuro migliore investendo su di essi.
Purtroppo dei giovani e della loro condizione di precarietà assoluta se ne parla soltanto, senza mai riuscire nel concreto a fare qualcosa.
Con facilità, inanellata ad una superficialità disarmante, ci stiamo sempre più abituando a trovare nelle altrui responsabilità il capro espiatorio, la giustificazione alle nostre incapacità di aiutare a trovare soluzioni.
A volte perché inascoltati da quanti potrebbero contribuire a determinare percorsi.
In altre occasioni, in assenza di fantasia propositiva da parte dei nostri interlocutori, in quanto non danno spazio ad ipotesi percorribili , intuitive e sostenute da un tessuto esperienziale derivato dal vissuto quotidiano all’interno delle comunità di riferimento.
“Ma cos’è questo nulla?
E’ il vuoto che ti circonda.
La gente ha rinunciato a sognare , ed io ho fatto in modo che il nulla dilaghi.
Ma perché?
Perché è più facile dominare chi non crede in niente”. (La Storia Infinita)
Questa mia relazione non percorrerà le cose fatte e quelle da fare, poiché il contributo di questa federazione è stato in parte recepito in un documento che troverete in cartella – Proposte e Vertenze/Contributo della CISL FP Salerno – nell’Esecutivo Regionale di Napoli del 29 novembre ultimo scorso, rendicontazione quadriennale della nostra attività e spunti di intervento.
L’obbligo di un sindacato che vuole affrontare il terzo millennio con la modernità che gli è riconosciuta, conquistata in anni di militanza responsabile, è fare della contemporaneità la sua analitica essenza.
In un momento in cui nel nostro paese l’attività legislativa si sta sempre più caratterizzando per una “regolamentazione strisciante ad andamento schizofrenico”, la nostra priorità è quella di assumere un ruolo decisivo e determinate nella “tranquillizzazione dell’immaginario” , intesa in quell’azione finalizzata a dare ovvero ridare una speranza ai nostri figli, attraverso una rinnovata aspirazione solidale da assumere quale fondamentale aspetto rivoluzionario di questi anni.
Come vivevano i lavoratori prima e senza un sindacato?
A quali condizioni?
16 ore al giorno senza pausa, per 6 giorni e forse anche 7, per 52 settimane e senza ferie!
Come sono ritornati i lavoratori con un sindacato?
16 ore al giorno senza pausa, per 6 giorni e forse anche 7, per 52 settimane e senza ferie!
Condizioni per alcuni volute, per altri imposte.
Tra di noi qualcuno ha ancora oltre 200 giornate di ferie non fatte.
Forse è costretto a lavorare oltre il normale orario di lavoro, anche nelle giornate di riposo e in deroga a limiti legislativi e contrattuali, poiché responsabilmente è chiamato a dover garantire i livelli essenziali di assistenza ovvero la erogazione dei servizi.
Almeno questo viene ricondotto a tranquillizzare la nostra coscienza, poiché di contro, al buio della consapevolezza, forse i nostri pensieri potrebbero avere altre dimensioni tendenti a non giustificare il nostro operato poiché la nostra azione limita le opportunità di adeguare gli organici al fabbisogno assistenziale.
Ciò, pur se contrasta con la nostra consapevolezza, è diventato un bite, un morso da cui non riusciamo a divincolarci.
Però ci poniamo il problema dei giovani e del loro futuro, ovviamente consigliando loro e ai loro familiari di andarsene, poiché su questo territorio non c’è futuro.
Rispetto alla prima riflessione: oggi con un sindacato, siamo ritornati, anche se non ancora completamente e per non per tutti fortunatamente, a condizioni analoghe in assenza delle maestranze dei lavoratori.
In tale situazione, ovviamente per ragioni complesse, dobbiamo prendere atto che non riusciamo più a declinare strategie per chi ha un lavoro a tempo indeterminato, a causa della legificazione sugli istituti contrattuali che hanno eliminato tutti i CCNL.
Una incongruenza tutta italiana poiché trattasi di comparti privatizzati, i cui riflessi hanno determinato la precarietà di alcuni istituti contrattuali ovvero la scomparsa di elementari diritti a tutela dei lavoratori.
In tale contesto diventa difficile, se non addirittura impraticabile ogni ipotetica strategia che miri a dare una speranza, almeno in termini di opportunità ai giovani di cui sempre più spesso parliamo.
Michele ci ha lasciato un testamento che grava sulle nostre coscienze e che ci obbliga a pensare ad un nuovo approccio ai problemi, senza se e senza ma, soprattutto senza infingimenti.
In una catena di produzione e di distribuzione di servizi, in cui sempre più marcata è la multidiversità e multidifformità contrattuale, il primo aspetto da affrontare , in comunione d’intenti con ogni categoria e all’interno di una progettualità confederale, è se tutti insieme siamo in grado di superare il settarismo categoriale.
Si richiede un nuovo approccio in grado di esemplificare le complessità della moderna filiera dei servizi, superando un modello assimilazionista ovvero integrato, per ricondurre le strategie sindacali verso un modello multicontrattualistico, che sappia coniugare le differenze per ricondurle, in una pianificazione trasversale di tutela del lavoro.
Ricondurre ad una uniforme garanzia della tutela del lavoro, poiché non è più sostenibile che su una stessa filiera produttiva ovvero su una identica catena di distribuzione possano coesistere categorie di operatori con salari differenti, diritti diversi, pur svolgendo stesse funzioni e analoghe mansioni.
Laddove tale modalità viene perseguita, si riesce a canalizzare forza e determinazione dei lavoratori, che non trova limiti e supera ogni ostacolo.
Anzi con una determinazione senza eguali, si impongono e favoriscono confronti veri che aiutano a creare concrete opportunità a quanti altrimenti sarebbero sempre esclusi dagli apparati produttivi.
Ne deriva che la questione delle dotazioni organiche e del loro adeguamento ai fabbisogni assistenziali e dei servizi in sanità, come in ogni comparto, è una priorità che non può essere più trascurata.
Cosa siamo capaci di fare, dipende anche da noi.
Cosa possiamo fare, dipende anche da noi.
Alla prima domanda si risponde incalzando su una vera riorganizzazione dei servizi che mostri senza alcun dubbio l’assenza di molteplici figure professionali, dai commessi ai portieri, dagli infermieri pediatrici alle ostetriche, dai tecnici della prevenzione agli operatori socio sanitari, dai tecnici di radiologia medica a quelli di laboratorio, dai terapisti al personale amministrativo.
Tutte professioni che non trovano sbocco occupazionale, poiché la qualità dell’assistenza e dei servizi viene derogata ad altre figure che, benché essi stessi professionisti, si dedicano ad attività senza alcuna formazione specifica.
Su cosa possiamo fare, dipende dalla capacità di non derogare ulteriormente ai diritti fondamentali dei lavoratori in termini di rifiuto del lavoro straordinario, laddove lo stesso risulta essere ordinaria programmazione e non eccezionalità.
Qualora non siamo capaci di elaborare strategie in tal senso, almeno si abbia tutti insieme il buon senso di non parlare di giovani, di precariato e di opportunità da creare, poiché siamo i primi artefici del degrado della qualità assistenziale e delle prestazioni.
Stai con noi o con il giaguaro?
In una regione che negli ultimi anni ha perso circa 50.000 addetti, di cui solo nell’ultimo anno almeno 10.000 nella sola sanità pubblica, stretta nelle maglie incoerenti del piano di rientro e del blocco del turn over, fin dal 2007, che nulla ha comportato in termini di risparmi di spesa ma neanche di miglioramento della qualità assistenziale, anzi si assiste a una non trascurabile riduzione dei servizi sanitari ai cittadini più bisognosi.
Le sacche di spreco sono rimaste inalterate, le ruberie continuano, tant’è che la corte dei conti ha verificato che oltre la metà dei giudizi di “mala gestio” riguardano enti locali e comparto sanitario.
Il sindacato ha l’obbligo di spostare l’attenzione su cosa pensano del loro operato i più deboli, i più bisognosi e i più indifesi che stranamente sono chi rappresentiamo e quelli che potremmo rappresentare, se riusciamo a parlare alle loro coscienze.
Nasce la necessità di coniugare coesione sociale e modernità, attaccamento al lavoro, quale servizio “per ed alle comunità di riferimento” e competitività tra gli operatori, altra grande sfida che dobbiamo saper accettare, ben consci che siamo soli poiché, oltre ad essere più difficile il distinguere dall’uniformare, richiede grande coraggio.
Altro aspetto è il ruolo di un sindacato nella riorganizzazione dei servizi.
Se si è in un ambiente di lavoro e dopo tre giorni non si scopre qualcosa da migliorare, vuol dire che si stanno facendo altre cose.
Sembra impossibile non rendersi conto che in una filiera dei servizi vi sono attività che vengono apprezzate e valutate in maniera sempre uniforme, benché le attività hanno una diversa e differente collocazione durate l’orario di apertura delle strutture.
Qui gli esempi si sprecano, come si spreca l’utilizzo delle risorse, per poi lamentarci della qualità del lavoro ma soprattutto della nostra modificata qualità di vita.
Nelle regioni del NORD probabilmente si fa una buona politica di reclutamento di personale (vedi i numerosi concorsi banditi in tutti i comparti rispetto alle regioni del sud) poiché gli individui cercano di contemperare una buona qualità di vita, alla ricerca della felicità, di contro ad una migliore qualità di lavoro quale fonte di dignità concreta della persona.
Allora forse è opportuno cimentarsi con un approccio nuovo alla riorganizzazione dei servizi che, nella priorità e nella centralità dei bisogni dei cittadini, sappia proporre modelli efficienti ed efficaci da contrapporre alla complessità dei problemi, scomponendoli, in un’ottica di ingegneria gestionale, in tanti piccoli problemi la cui risoluzione ha un impatto risolutivo definitivo sulla stessa complessità che l’aveva generati, migliorando anche la rappresentazione che i cittadini hanno dei lavoratori pubblici.
La coesione sociale, la solidarietà, si contrappone alla frammentazione della società moderna ascritta ai nuovi e moderni egoismi e alle particolari condizioni/situazioni soggettive, difficilmente coniugabili in una visione globale e in un mondo ormai senza più barriere e confini.
Spiace constatare che invece di costruire ponti, si ripensi a erigere muri.
Questo è un aspetto di degrado delle nostre democrazie, molto rischioso se non affrontato con strumenti adeguati.
Stiamo assistendo ad un esproprio forzato di competenze dei parlamenti, i quali in un momento di crisi conclamata economica e sociale, stanno riconoscendo una piena libertà di manovra ai governi, limitandosi al vaglio critico dei propositi e del loro operato.
Ma a quanti argomentano sul declino dei parlamenti, deve rispondersi che questo è proprio il “tempo dei parlamenti”, in quanto luoghi in cui le molteplici comunità sociali sono rappresentate e vi sintetizzano i valori del paese, che devono essere vivi e vitali, attenti scrutatori dell’operato degli esecutivi, ultimi fortini del costituzionalismo liberale e democratico.
Come scrive Proust ne “Alla Ricerca del Tempo Perduto” , il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.
In una situazione in cui i partiti o quello che ne è rimasto, continuano a parlare solo di politica e di legge elettorale, senza badare ai problemi veri del paese, screditando continuamente i lavoratori pubblici quali fannulloni e truffatori dello stato, nasce la necessità trasformare in azione la convinzione che il motore dell’efficienza dei servizi è tutta nelle mani degli operatori.
Ad una politica che con la sua azione genera ulteriore frammentazione sociale, tutta impegnata a calpestare sedi istituzionali e televisive invece di presidiare i propri territori, allora non è peregrino sostenere la consapevolezza che gli unici veri occhi per “scoprire nuovi percorsi” sono quelli del sindacato, il nostro sindacato che in visione confederale ed unitaria potrebbe rilanciarne costruttivamente l’azione.
E’ di questi giorni un messaggio pervenutomi sul telefonino
“Caro Pietro, vorrei suggerirti un consiglio nel prossimo congresso provinciale CISLFP dobbiamo rilanciare con forza i terminali associativi. Devono darsi una programma , ogni dirigente sindacale componente della SAS sul proprio luogo di lavoro deve far sentire la presenza del Sindacato a tutti quei lavoratori sfiduciati proprio nei confronti del sindacato. (omissis) Il nostro obiettivo e di prenderci carico dei problemi dei nostri iscritti e simpatizzanti CISL in modo da ridare FIDUCIA ai lavoratori tutti e di portare sempre più in alto il nostro sindacato. (R.M.)
Partendo da questo invito, rilancio l’immagine delle nostre bacheche, primo momento di comunicazione e di confronto “con e tra” i lavoratori.
Quindi gli unici occhi sono quelli del sindacato, poiché è molto più vicino alla gente di qualsiasi altra forza politica: una organizzazione di rappresentanza così vicina e così radicata alla sua gente nei posti di lavoro e nei loro territori non esiste, ma bisogna allargare lo sguardo a tutte le altre persone che non hanno più fiducia e che forse sono coloro che ne hanno più bisogno.
In tale situazione bisogna riprendere l’usanza di allargare le migliori pratiche, quelle che ci rendono capaci di riprendere i contatti con le nostre comunità di riferimento.
“Quando fai qualcosa, sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente.”
L’esperimento dell’ambulatorio infermieristico inserito all’interno di una sede confederale, mostra come si può coniugare, in maniera volontaristica, le competenze di un settore declinandole ai bisogni della gente, e, nel contempo, colmando qualche carenza del servizio pubblico che non riesce più a garantire.
Oltre ad aver attivato uno staff legale composto da esperti del lavoro, civilisti e penalisti, a breve ci vedremo costretti ad integrare il gruppo con la figura di uno psicologo esperto in stress da lavoro correlato, attese l’esponenziale aumento di criticità e disagio lavorativo.
Un articolo su Linkedin pubblicato dalla rivista Quartz rivela che un capo cattivo può essere altrettanto dannoso del fumo passivo per i dipendenti.
L’articolo dice inoltre che più a lungo si rimane in un posto a lavorare per qualcuno che ci stressa, maggiore è il danno per la nostra salute fisica e mentale: i dati rivelano che il 75% dei lavoratori americani crede che il proprio capo sia una delle principali cause di stress sul lavoro.
Forse per tale ragione che la politica si ostina a voler spezzare la schiena al sindacato e ai lavoratori.
In maniera vana, anche se con l’aiuto della stampa, si prodigano ad infangare l’immagine di milioni di operatori pubblici, i quali di contro continuano ad avere fiducia nei propri delegati, poiché li “pesano” nella loro quotidianità e ne conoscono valore e tenuta morale.
Non è la bandiera che fa l’uomo, ma è l’uomo che fa la bandiera e anche se qualche amico è costretto a fermarsi, anche se può accadere di commettere errori, la fiducia e la fedeltà alla nostra organizzazione di migliaia di lavoratori non potrà mai far venir meno la passione, la determinazione e il senso di appartenenza di “CHI TIENE GLI ALTRI DENTRO DI SE!”
Nella consapevolezza di un imperdonabile razzismo intercategoriale tra operatoti per cui lavoratori strutturati si contrappongono a tutti gli altri e gli altri si contrappongo tra di loro, operatori a tempo pieno contro tempo determinato, interinali, a progetto, cipisti, dipendenti delle cooperative di servizi, borsisti, incaricati, solo chi ha occhi per sostenere la immaginazione e rendere tranquille le persone, potrà scrutare i vari obiettivi e ricompattare la frammentazione.
A tutto ciò fa da contraltare un’altra forma di incomunicabilità intracategoriale, poiché gli stessi professionisti, nonostante l’evoluzione normativa sulle professioni, di circa un ventennio, preferiscono continuare a mantenere una situazione di subalternità, allo stato insostenibile se si vuole procedere su un percorso di valorizzazione delle competenze e del merito.
Chi conosce le condizioni attuali sa quali e quante sono le difficoltà che stiamo attraversando nei rapporti unitari.
Mi sento di poter dichiarare che nonostante forti rallentamenti nel tentativo costruire strategie unitarie, siamo costretti ad andare da soli in molte realtà e in alcuni comparti.
Spiace dover constatare come le consorelle confederali riescano ad aggregarsi in coalizioni con il sindacalismo autonomo che non ha la storia che invece le dovrebbe contraddistinguere.
Se vuoi andare veloce va da solo, se vuoi andare lontano va con gli altri.
Noi vogliamo andare con gli altri, ma non certamente con coloro che non sanno leggere la realtà poiché “Siamo costretti, per rendere la realtà sopportabile, a coltivare in noi qualche piccola follia.”
Purtroppo una delle più grandi difficoltà nel definire percorsi unitari sta proprio nel concetto che ad una realtà dinamica non si possono applicare vecchie ed obsolete logiche.
Non si può pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose.
Continuare a far soggiogare le professioni, a relegare i professionisti a vecchie subalternità nemica della valorizzazione delle competenze è una contraddizione storica, poiché confligge con la modernità che l’attuale organizzazione del lavoro richiede sempre con maggiore forza.
Essere interlocutori validi richiede che anche l’altro sia un valido interlocutore.
Ciò si realizza se si abbandonano le convinzioni preconcette e in ogni occasione si lotti per trasformare in modelli organizzativi per valorizzare il lavoro, ma soprattutto se ne siamo veramente convinti.
Il Governatore De Luca all’inizio del suo mandato si era impegnato a sanare le condizione che paradossalmente vedono impegnati da anni giovani senza alcuna prospettiva reale di stabilizzazione e di riconoscimento della loro professionalità.
Sappiamo che il contrasto con Renzi e la Lorenzin ha fatto fallire l’ipotesi di nominare quale commissario del settore sanità il Governatore della Regione, condizione che avrebbe potuto determinare che dalle promesse elettorali, si potesse passare alla realizzazione dei processi: riprogrammazione del sistema, adeguamento degli organici, intervento sul precariato, rideterminazione tetti di spesa.
Purtroppo non possiamo non lamentare l’assenza di qualsiasi azione a livello regionale tendente a rafforzare la ripresa di una autonomia decisionale della Campania su tali aspetti e tali prerogative.
Spesso ci sentiamo dire che siamo un sindacato moderno e forse per questo abbiamo più difficoltà degli altri poiché, come sosteneva Vittorio Foa, “siamo condannati a pensare”: scegliere, individuare priorità unificanti e avere la dimensione dell’obbligo di trovare formule organizzative aggreganti.
E proprio in tale nuova maniera di affrontare le questioni, ovvero attraverso una governance moderna che consiste nella capacità di mettere insieme tutti i portatori di interesse, che siamo riusciti a far revocare, unitariamente a CGIL e UIL, una deliberazione sui fabbisogni delle residenze sanitarie assistenziali (RSA), poiché non coerente con le esigenze e i bisogni del territorio e che nel contempo avrebbe creato la riduzione di attività con relativa messa in fuoriuscita di circa un centinaio di operatori del settore.
E’ stato difficile, ma creando alleanze con cittadini e aziende è stata evidente la necessità di ripensare al riassetto che tenesse in dovuta considerazione domanda ed offerta, elementare principio economico per la allocazione di risorse e la garanzia dei livelli essenziali socio-assistenziali.
E’stata la vittoria del buon senso, tanto superflua quanto gravosa, per sconfiggere un approccio intriso di delirio di onnipotenza di quanti continuano a pensare che la soluzione dei problemi possa continuare a passare per i tagli di spesa, la riduzione delle prestazioni e la perdita di livelli occupazionali, ma soprattutto, in forma esclusiva, nelle stanze ove sempre più marcata è la differenza tra paese reale e paese presunto.
Coinvolgere i cittadini, creare alleanze soprattutto con le comunità di riferimento è l’unica vecchia modalità, sempre contemporanea, da perseguire al fine di rendere ancora e sempre esigibili i diritti fondamentali sanciti dalla carta costituzionale: salute, istruzione, sicurezza, giustizia ma soprattutto “libertà” alla ricerca della massima “felicità” possibile, aspetto che benché non sancito dalla nostra costituzione, oggi più che mai sta diventando un elemento unico ed essenziale della nostra vita e che contiene tutti gli altri.
Su tale considerazione deve basarsi il primo elemento fondante della nostra attività.
Allora bisogna rilanciare la motivazione di tutti i nostri delegati, ad ogni livello di rappresentanza, intesa come azione che orienta il comportamento dell’individuo.
Concetto che esprime la capacità individuale di organizzare il proprio comportamento in una determinata direzione, quale predisposizione interiore, un bisogno, una pulsione o un desiderio, che mette in moto dei comportamenti diretti a obiettivi specifici, avendo gli altri dentro di noi.
Inoltre dobbiamo soppesare che quando ci troviamo di fronte a una persona, gli altri elaborano sempre un giudizio sulla nostra credibilità, e spesso siamo indotti a pensare che essa sia una proprietà intrinseca di quella persona, una proprietà animalesca.
Rivalutare gli elementi fondamentali della contrattazione, consci che costruire un rapporto di fiducia e metterci in contatto con i sentimenti delle persone è la migliore forma di comunicazione.
Riprendere con la consapevolezza che il processo di negoziazione si basa su procedure stabili e prestabilite: approccio, proposta, confronto informativo, interazione, trattative, accordo e verifica dei risultati, rifuggendo dalle assemblee plenarie” Todos Caballeros” . nelle quali anche i principi elementari vengono declinati del tutto a tutti i contrasto con norme, leggi di riferimento e buon senso.
Il 30 novembre scorso è stato firmato l’accordo per il rinnovo dei contratti nel pubico impiego e con cui sono state dettate nuove regole .
Per tutto ciò che abbiamo detto potrebbe essere il cambio di passo per una nuova stagione poiché l’accordo apre una strada nuova e impegnativa verso il riconoscimento professionale dei lavoratori pubblici.
Un rinnovo di contratto con risorse per tutti, da aumentare nella contrattazione di posto di lavoro. Come nel privato, saranno le parti a decidere le materie da regolare con la contrattazione.
Vale a dire meno legge e più contratti per dare più valore alle competenze dei lavoratori anche nell’innovazione organizzativa che serve ai nostri enti.
In questo modo i lavoratori pubblici, potranno contare di più e saranno il motore della Pubblica Amministrazione.
Si darà un impulso vero alla partecipazione e al coinvolgimento cognitivo e motivazionale nei posti di lavoro.
Cioè alla leva che spinge il cambiamento nel modo di lavorare e di organizzare i servizi a cittadini e imprese.
Noi lo sosteniamo da tempo, ora anche il governo ha preso un impegno preciso con tutti i lavoratori pubblici.
L’accordo sancisce un’altra grande conquista.
Non solo saranno superate fasce e pagelle e sarà data voce ai lavoratori nella riforma della Pubblica Amministrazione, ma si apre la strada a welfare aziendale, decontribuzione dei premi di produttività e incentivo alla previdenza complementare anche nel pubblico impiego.
Con questo accordo, si rimettono al centro le persone.
L’impegno del governo è chiaro: investire nelle professionalità e nelle competenze, con meno gerarchia, meno precariato, più formazione,più benessere organizzativo, più lavoro agile, più attenzione a chi può rendere davvero innovativi i servizi alle comunità.
Ma siamo veramente pronti.
Saremo capaci di avere il coraggio di elaborare progetti di produttività a rendicontazione?
Invitare ad aprire gli spazi pubblici ai privati sapendo cghe forse il nostro carico di lavoro potrebbe modificare ovvero avere la perdita delle nostre soggettive sicurezze di orari aprendo ai bisogni delle collettività di riferimento?
Saremo capaci di non stare con il giaguaro ma con la gente?
Se non ne saremo capaci, allora il declino che investe la società, romperà gli argini che sostengono l’ultimo e ultimo baluardo di libertà e anche il sindacato, il nostro sindacato ne verrà travolto.
A tal proposito, un sindacato moderno, in una visione comparatistica con le altre realtà operanti nei regimi democratici, non può fare a meno di guardarsi intorno per capire le differenze e le analogie per migliorarsi.
Siamo alla mercé di lavoratori non iscritti, i quali beneficiano delle stesse prerogative degli iscritti e ne hanno una in più: criticare qualsiasi cosa faccia il sindacato.
Sono insofferenti e perdono la pazienza quando i contratti tardono ad arrivare.
Non lo sostengono come invece fanno gli iscritti, però beneficiano degli accordi sottoscritti, ovviamente criticando ogni stato di avanzamento ritenendolo irrisorio e banale.
Ancora oggi molteplici lavoratori non si iscrivono, pronti a calpestare le sedi in presenza di crisi e rischio di perdita del posto di lavoro.
Allora anche il sindacato deve ipotizzare di poter rappresentare i soli iscritti attraverso forme e modalità tutte da elaborare.
Tra il forte e il debole, la libertà uccide.
L’unica vera libertà è il rispetto delle regole.
Lo stato costituzionale di diritto contemporaneo si fonda su quelle che Noberto Bobbio ha chiamato le quattro libertà dei moderni: la libertà personale, la libertà di pensiero, la libertà di riunione e la libertà di associazione.
Queste quattro libertà sono, oggi, poste sotto tutela dell’ideologia della sicurezza da una parte e della crisi economica dall’altra, e in tal senso approfittando di una emergenza planetaria e permanente si giustifica ogni genere di limitazione delle libertà fondamentali.
“Quando lo spirito difensivo domina viene meno la preoccupazione di promuovere e creare”.
Dal Manuale del Guerriero della Luce di Paulo Coelho
“Un guerriero della luce conosce i propri difetti.
Ma conosce anche i propri pregi,
Alcuni compagni si lamentano in continuazione: gli altri hanno più opportunità di noi.
Forse hanno ragione.
Ma un guerriero non si ascia paralizzare da questo.
Cerca di valorizzare al massimo le sue qualità.
Sa che il potere della gazzella consiste nell’abilità delle sue zampe.
E quello del gabbiano è nella precisione con cui afferra il pesce.
Ha appreso che una tigre non teme la iena perché è consapevole della propria forza.
Allora cerca di sapere su cosa è può contare.
E controlla sempre il suo equipaggiamento, composto di tre cose: fede, speranza e amore”.
Per noi tutti, guerrieri della CISL, ciò si traduce in fede nella nostra organizzazione, speranza nel futuro e amore per chi portiamo dentro di Noi.
“Se queste tre cose sono presenti, egli non ha alcuna esitazione nell’andare avanti”.
GRAZIE DI CUORE A TUTTI NOI!
IL SEGRETARIO GENERALE
PIETRO ANTONACCHIO
GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI!

Vincenzo Della Rocca Marisa Olivieri Antonio   GALATRO Giannantonio MASTROVITO Regina MARI Miro AMATRUDA Maurizio LA ROCCA Antonio DE SIO Gioacchino BARTIROMO Luigi BATTIPAGLIA Michele FAIELLA Raffaele Vitale Guido Nicola Monaco Nicola CRISTIANI Doriana BUONAVITA Antonio SANTACROCE Matteo BUONO Salvatore ALTIERI AGUZZI FRANCO ALBANO ANNA MARIA  AMATRUDA ANNA  APICELLA ERMENEGILDO ATTANASIO CARMINE AULISIO GIUSEPPE AVOSSA FRANCESCO BALZANO TOMMASO BARBATO BRUNO  BARTIROMO GIOACCHINO BASSI COSIMO  BIONDINO GAETANO BISOGNO ANGELA MARIA CAFARO MARGHERITA  CALIFANO ROSANNA CAPUANO ANIELLO CARDAROPOLI SALVATORE  CASCONE GENNARO CATENA PRISCO CAVALIERE FRANCESCO  CELOTTO MICHELA  CESARANO FRANCESCO CHIANESE PIETRO CIABURRI MARCELLO CICALESE GIUSEPPE CIRILLO COSMO COIRO REGINA D’ADAMO PAOLA  D’AMBROSIO LUCIA D’AMORE MARIA GRAZIA DE DOMINICIS GERARDO  DE NICOLELLIS GIOVANNA DE ROGATIS MARIO DE SANTIS FELICE DE SIMONE BASILIO DE SIO ANTONIO DE VITA FERNANDO  DEL GROSSO MAURIZIO  DELLA MURA DOMENICO DELLA PORTA ALFONSO DELLA PORTA GIOVANNI DI FILIPPO GIUSEPPE  DI NOBILE GIUSEPPE  DI PALMA PAOLO DI ZUZIO IOLANDA  FAIELLA MICHELE FATTORUSO GIUSEPPE FAUCITANO FRANCO FUSCO GERARDO GAETA RAFFAELE GALATRO ANTONIO GAMBARDELLA ADRIANA  GENOINO TERESA  GIOIA ANDREA GIORDANO ANTONIO GIORDANO MARIA GIUGLIANO ANTONIO GIZZI ANTONIO  GORGA NICOLA LUIGI GUERRIERO M. ROSARIA IAPICCO ANTONIO LA FRANCESCA ANIELLO LA ROCCA MAURIZIO LANDI SABATO  LANZARA MANLIO  LAVECCHIA MARIA  LOMBARDI ALFONSO  LULLO ROSETTA  MAGLIACANE GIUSEPPE MAIELLARO ROBERTO MARCIANO ROMEO MARI REGINA MASTROGIOVANNI ANTONIO MASULLO GENNARO MAUTONE AURELIO MAZZOLA GIOVANNI MAZZUOLO ALFONSO MEGA NICOLINA MELI ERINA MENDOLA GIOVANNI MEROLA NICOLA MIANO GIUSEPPE  MONTONE ANGELO NENNA ANTONIO OSSIGNOLO GIANLUCA  PAGANO FRANCESCO PALUMBO CIRO PANDOLFI FRANCESCO PANNUCCI CESARE PANNULLO CLORINDA PARADISO GERARDO PELUSO GIUSEPPA  PERGAMO LUIGI PUMPO VITO RAIMO VALERIA RICCIARDIELLO GIOVANNI RIDOLFI BRUNO  RISI GIANFRANCO  RISPOLI ENZO  RISTALLO ANTONIO ROBUSTELLI CARMINE  ROMANO NICOLA  ROMANO ROBERTO  RUSSO ANNAMARIA  RUSSO LILIANA SABBATINO FRANCESCO  SABIA IRENE SALVATI COSIMO  SANTONICOLA GIOVANNI  SCAFURO GIOVANNI  SCARANO LUIGI SCOCCI ANGELO SELLITTO ALESSANDRO SENATORE VINCENZO  SESSA NICOLA  SIANI FRANCESCO  SINISCALCO ADOLFO SOLIMENO PASQUALE SORRENTINO VINCENZO  SPARANO EMIDDIO SPINELLI PIETRO  TALAMO FRANCESCO  TOLOMEO PIETRO  TORTORA ANIELLO  TORTORA GAETANO VAIANO SALVATORE  VICICONTE MICHELE VITALIANO ANGELA  VITULANO SALVATORE VIVIANI MICHELE ABATE ADOLFO ABBAGNARA DIODATO AGIZZA FRANCESCO ANASTASIO ANNA ANDRIA VINCENZO ANNUNZIATA RAFFAELE ANNUNZIATA SALVATORE APICELLA LEONARDO ATTIANESE GIUSEPPE AUGURIO ANTONELLA BALDINO FRANCESCO ANTONIO BARBELLA MASSIMO BARRETTA FRANCESCA BASSINI NADIA BATTIPAGLIA BARBARA BIFOLCO ANIELLO BONFIGLIO PATRIZIA BRUNETTI GIACOMO BRUNO MODESTINO CAMPANILE VINCENZO CAMPIONE MAURIZIO CAPOZZOLO PINA CARBONE ANTONIETTA CARBONE RITA CASELLA ITALIA CASO GIUSEPPE CASTALDI CARMINE CASTIELLO OSVALDO CATINO BERNARDETTA CEGLIA ANNAMARIA CELSO GENNARO CILENTA M. ROSARIA CONTRASTO CIRO CONTRONE GIULIA CONTURSI SONIA CORRADO MASSIMILIANO COZZA ANTONIO CRESCENZO CARMINE D’AURIA ANIELLO D’ACUNTO OSVALDO D’AMATO BARBARA D’AMATO MARGHERITA D’AMBROSIO GIORDANO MARIA D’AURIA GIUSEPPINA DE ROSA BIAGIO DE ROSA MARIO D’ELIA CIRO D’ELIA GIUSEPPE D’ELIA VITO PIETRO DELLA CORTE EMANUEL DI BLASI CLAUDIA DI DONNA SILVANA DI MARZO CARLA DRAGANOVA MAROUSSIA ESPOSITO CARMELA FALCIANI RAFFAELLA FERRARA VINCENZO FERZOLA ANTONIETTA FORLENZA SERGIO FORMICA PATRIZIA FORTE DONATO FRIGENTI GENEROSO FRUSCIANTE ANGELA GALOTTO LUIGI GAMBARDELLA ANDREA GARONE MARIO GENTILE GIOVANNI GIANNOTTI SIMEONE GIGANTE FRANCESCO GIUGLIANO DOMENICO GRIPPO GREGORIO GUADAGNO ALFONSO IANNONE CARMINE IANNONE GERARDO IANNUZZI BIAGIO IDA FEZZA IZZO GABRIELE MAIELLARO PAOLO MARIGLIANO MICHELE MARINO CARLA MARMO ALFONSO MARRA EUGENIO MELE GIUSEPPE MEROLA ONOFRIO MONDELLI MONICA MUROLO MASSIMO NANIA FORTUNATA NIGRO ROSARIA OCCHIATI GIUSEPPE ORLANDO VINCENZO PALLADINO FRANCESCO PALMA GIOVANNI PALUMBO GERARDO PAPPACENA PASQUALE PARISE NUNZIA PASCENTE ONOFRIO MARIO PASSAMANO TOMMASO PASSERO SALVATORE PELELLA LUIGI PELLEGRINO ANTONIO PELUSO ANNA PETRAGLIA ROSINA PISANTI ERSILIA PISATURO GERARDINA POLINI EMILIA PRAITANO LUIGI PREZIOSI MARIA LUCE PROCIDA MARIA ROMANELLI GUGLIELMO ROMANELLI PASQUALINO ROSSI FRANCO SAVASTANO ANNARITA SCAFURI RAFFAELE SENATORE MATTEO SENESE DOMENICO SICA ANTONIO TESORIERO CARMINE TORTORA DOMENICO UGATTI STEFANIA VACCARO RAFFAELE VECE CARMELA VENTRE VELIA VERGATI VINCENZO VICINO ONOFRIO VIOLA BICE VITOLO GIUSEPPE ZARRILLO PASQUALE 

 

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